Lucia Coppola - attività politica e istituzionale | ||||||||
Legislatura provinciale
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Comune di Trento
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Premesso che: la riduzione delle risorse, messe a disposizione alle Comunità di Valle, dovute ai tagli operati dalla Provincia al budget disponibile nel triennio 2015-2018 per i servizi socio assistenziali mette a rischio la salvaguardia del sistema del welfare pubblico trentino. Alla diminuzione dei fondi disponibili si affianca il progressivo invecchiamento della popolazione trentina (l’indice di vecchiaia, inteso come rapporto tra la popolazione di 65 anni e la popolazione fino a 14 anni di età per 100, mostra un aumento incrementale a partire dal 2000 ad oggi. L’indice del 2017 è 149,7. Dati ISPAT) e la conseguente maggiore richiesta di servizi assistenziali, in particolare dei servizi di assistenza domiciliare sempre più richiesti a causa dei problemi di accesso alle strutture residenziali e semiresidenziali (case di riposo, centri diurni). Come evidenziato dal Rapporto sulla situazione finanziaria del servizio sociale della Comunità delle Giudicarie, la mancanza di risorse sufficienti impedisce alla Comunità di Valle di fornire risposte adeguate e utili alle esigenze assistenziali delle persone anziane e disabili. Gli enti locali sono quindi obbligati a ridurre la qualità o la quantità dei propri servizi e di conseguenza a lasciare parzialmente o totalmente insoddisfatte le richieste di assistenza di persone e famiglie. Il ricorso a liste d’attesa è uno strumento incapace di rispondere a tali esigenze, in quanto afferenti proprio a soggetti in situazioni difficili che hanno bisogno di un aiuto immediato, ordinato e strutturale e anzi, rischia di creare un senso di impotenza e ingiustizia in capo ai soggetti in attesa, seppur legittimati ad accedere ai servizi assistenziali. In particolare per quanto attiene ai servizi di assistenza domiciliare, la Comunità delle Giudicarie - a fronte di un aumento della domanda e una diminuzione del finanziamento pubblico - non riuscirà a garantire le ore minime previste dai livelli assistenziali stabiliti dalla Provincia dall’all. 2, delibera G.P. 20 luglio 2018, n. 1292, per le quali sono necessari ulteriori € 200.000 per l’anno 2019 rispetto a quanto stabilito dal bilancio del Servizio socio assistenziale, senza considerare un aumento della domanda. La stima dell’attuale fabbisogno finanziario in risposta ad una maggiore richiesta di servizi per disabili, in particolare per i servizi residenziali, ammonta invece ad € 280.000. La Comunità delle Giudicarie sottolinea inoltre come il sistema di compartecipazione basato sull’indicatore ICEF necessiti di una revisione al fine di garantire la sostenibilità economica delle misure sociali: in particolare, il tetto massimo di compartecipazione (quota massima asportabile) e l’applicazione delle quota singola più favorevole all’interno del nucleo familiare. Sottolinea inoltre che le persone che beneficiano della Comunità Alloggio e del servizio domiciliare sono considerate sole e senza risorse in sede di dichiarazione ICEF e auspica un aggiornamento del meccanismo basato sull’ICEF “in modo che ci sia una reale proporzione tra disponibilità economica degli utenti e quota di compartecipazione alla spesa per i servizi” e continuità per il progetto “Dopo di noi”. Sottolinea l’importanza per la ricchezza del contesto sociale territoriale del finanziamento a progetti innovativi e sperimentali, oltre alla rilevanza di una pianificazione delle politiche sociali triennali (l’attuale piano è scaduto) ai fini di una migliore programmazione locale e della determinazione dei criteri di precedenza per l’accesso ai servizi. I rilievi compiuti dal Rapporto della Comunità delle Giudicarie evidenziano una difficoltà evidente e sostanziale degli Enti locali nel far fronte alle richieste di assistenza delle fasce più deboli della popolazione: un welfare che non è sufficiente, non è in grado di rispondere a tali istanze, non riesce a trasmettere la sicurezza sociale per il quale è stato istituito, perdendo la propria ragione d’essere, generando insicurezza, sentimento oggi diffuso e amplificato dal clima attuale, acuito da un generale sconforto e senso di abbandono da parte delle istituzioni. A tali criticità si somma la riduzione della platea dei soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza rispetto agli attuali destinatari dell’ex reddito di garanzia provinciale, quota “A” dell’assegno unico provinciale (che eventualmente integrava il reddito di inclusione nazionale). Tale riduzione è condizionata dal rinvio dell’emendamento a firma Fugatti ai requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno ex D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, art. 2, comma 1, lett. a) (residenza in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo). La diminuzione dei beneficiari da 10.830 a 9.400 (non sono toccati i nuclei composti da soli pensionati e quelli con almeno un componente senza possibilità di lavorare per problematiche sociali, v. Corriere del Trentino, mercoledì 6 febbraio 2019, p. 5) consentirebbe di raggiungere un risparmio fino a 13,27 milioni, 3,4 per l’aumento della residenza. Questo risparmio non è indolore: ha un alto prezzo sociale, che sarà pagato dalle fasce più deboli della popolazione a più alto rischio di emarginazione. E di questo c’è piena coscienza da parte di chi redatto l’emendamento, in quanto si prevede che il requisito della cittadinanza non venga richiesto qualora vi sia l’accertamento da parte del servizio sociale di “problematiche sociali complesse”. Forse dimenticando che i soggetti destinatari delle forme di sostegno al reddito sono a rischio povertà, situazione che determina il problematico contesto sociale in cui vivono ed esplicano la loro personalità e che condiziona la loro salute in senso ampio, determinata da fattori quali abitazione, alimentazione, vestiario, grado di cultura e istruzione, professione svolta. Ci si chiede dunque, se sia un vero risparmio quello che ricade su chi più è in condizione di bisogno e se non sia, invece, un fallimento della distruttiva concezione leghista dello stato sociale trentino. Risparmiare è necessario, ma non sulla pelle dei soggetti e delle famiglie più deboli che hanno bisogno di misure sociali di assistenza. Come è stato evidenziato dalla Corte Costituzionale (Sentenza n. 133/2013), fare differenze in base all’anzianità di residenza non appare rispettoso dei principi di ragionevolezza e uguaglianza ed è dunque arbitrario, perché non c’è una correlazione tra la durata della residenza e le situazioni di disagio e di bisogno, riferibili alle persone, che costituiscono il presupposto delle provvidenze sociali. Ciò premesso si interroga il Presidente della Provincia per sapere: — con riferimento ai servizi a domicilio nella Comunità delle Giudicarie, considerato che il finanziamento attuale non è sufficiente ad erogare le ore minime previste, se si intende incrementare i finanziamenti fino a coprire il fabbisogno; — considerato che il ricorso ai servizi a domicilio nella Comunità è spesso dettato dalla difficoltà di accedere a strutture pubbliche o private residenziali e semiresidenziali, se non si ritenga opportuno migliorare l’offerta di tali strutture per le persone anziane; — se intende incrementare i finanziamenti fino a coprire il fabbisogno, con riferimento ai servizi che la Comunità eroga ai disabili, in quanto l’attuale disponibilità finanziaria non è sufficiente a coprire i servizi e quindi la stessa sarà costretta a ridefinire i criteri di priorità per l’accesso. Si tratterebbe di creare liste di attesa che non permetterebbero di rispondere in modo efficace alle esigenze delle famiglie, mettendole in grande difficoltà; — se si pensa di adeguare il meccanismo di calcolo dell’indicatore ICEF in rapporto alla quota di compartecipazione degli utenti, in modo che ci sia una reale proporzione in rapporto alla disponibilità economica degli utenti; — se intende garantire una continuità economica per il progetto “Dopo di noi” e quindi confermare il finanziamento anche per gli anni futuri; — se intenda finanziare progetti innovativi e sperimentali che potrebbero rispondere a nuovi bisogni emergenti, ma che in assenza di risorse non potranno essere attivati; — se intenda adottare un provvedimento triennale che consenta ai territori una migliore programmazione, considerato che il 31 dicembre scorso è scaduto l’atto di indirizzo che stabilisce i livelli essenziali, le rette da riconoscere alle strutture, le modalità di compartecipazione nonché il budget per le attività di livello locale che competono alla Comunità di Valle; — se anche altre Comunità di Valle della nostra provincia abbiano manifestato la stessa difficoltà di quella delle Giudicarie; — come intenda raccordare le misure sociali (assegno unico provinciale) già esistenti con il reddito di cittadinanza.
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LUCIA COPPOLA |
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